LASSÙ QUALCUNO CI CHIAMA

Siamo soli nell'universo? Chi non si è mai chiesto se l'infinità senza confini che ci circonda,
brulicante di stelle e di sistemi solari, non possieda altre fonti di vita intelligente disseminate su altri
soli ed altri pianeti di mondi lontani? In fondo, l'astro che ci dà luce e calore è solo una piccola
stella gialla, definita di serie B, alla periferia d'una galassia che non è né la più grande né la più
importante dell'universo. E' pertanto anche lecito supporre che la Terra, legata ad un sole di
secondaria importanza, ospiti addirittura un'umanità fisicamente, intellettualmente o spiritualmente
inferiore ad altre specie viventi che, trovandosi magari in luoghi molto più vicini al centro galattico,
sono forse più evoluti di noi. Si erano già posti queste domande i filosofi greci circa duemila anni or
sono. Talete di Mileto già ipotizzava un numero di mondi infinito, dei quali alcuni nascono ed altri
muoiono in continuazione. Ma Democrito fu persino capace di concepire l'esistenza degli "atomi",
ossia di particelle invisibili e, a quel tempo, indivisibili che compongono ogni aspetto della materia.
Nel corso dei secoli altri intellettuali "ribelli" o d'avanguardia promulgarono la teoria della pluralità
dei mondi, e molti pagarono con la vita le loro idee ultramoderne, come avvenne per Giordano
Bruno che morì bruciato sul rogo. Oggi la scienza ha dimostrato che anche l'atomo è divisibile,
essendo composto di nucleo ed elettroni; si è poi scoperto che questo nucleo è a sua volta
composto di protoni e neutroni che oggi vengono scomposti in particelle ancora più piccole. Ma,
soprattutto, la scienza è arrivata a concludere che nessun fenomeno naturale può verificarsi una
volta soltanto. Cosicché l'apparizione della vita su un pianeta non può essere l'eccezione ma una
regola universale. Nel contempo si accetta anche la teoria che la vita è coetanea della materia e
che l'intelligenza è coetanea della vita. La pluralità dei mondi abitati è oramai una possibilità che
non sorprende quasi nessuno. E la stessa scienza, fino a qualche decennio fa ancora ostile ad
accettare altre forma di vita intelligente nell'universo, oggi è molto più flessibile, se non
apertamente favorevole all'ipotesi. Però qualcuno ancora rifiuta di credere in qual modo alcune
forme di questa vita intelligente, anche se più avanzate di noi nel campo scientifico o spirituale,
potrebbero venire fino a noi, viste le enormi distanze da superare. Insomma, quando si pensa allo
spazio esistente fra il nostro Sole e le altre stelle, che percorso in anni-luce (e la luce avanza di
300.000 km al secondo)diventa prossimo all'eternità, la memoria vacilla e quasi non riesce a
intravedere possibili soluzioni. Qualche scienziato più ottimista o audace ci ha invece provato e,
proprio dall'era delle prime sonde sulla Luna, ha fatto presente che tra la forza di attrazione
terrestre che tiene a sé il nostro bianco satellite e quella lunare che tiene a sé le pietre, le sonde, i
sassi e tante altre cose ancora da scoprire, vi è come uno stretto corridoio nello spazio, una specie
di terra di nessuno in cui cessa totalmente l'attrazione terrestre e non ha ancora inizio quella
lunare. Questa piccola porzione libera da fattori gravitazionali, fenomeno che capita fra un qualsiasi
corpo celeste e un altro, viene appunto chiamata "corridoio antigravitazionale" ed è proprio
quest'ultimo che, secondo alcuni ottimisti, permetterebbe ai veicoli spaziali di superare l'invalicabile
barriera degli anni-luce e di liberamente scarrozzare, in tempi molto più vicini alla vita umana,
nell'immensità siderale. E che vi siano state scarrozzate anche sul nostro pianeta, sia nel remoto
passato che in epoche recenti, lo dimostrerebbero non solo i testi sacri di vari popoli, ma anche le
migliaia di avvistamenti UFO (Oggetti Volanti Non Identificati) da circa mezzo secolo a questa
parte. Vi è però ancora un'altra domanda che si pone chi non vuol proprio accettare l'idea che non
siamo soli nell'universo: ma gli eventuali extraterrestri, che aspetto avrebbero? Ci somigliano o
sono simili ai mostri verdi che vediamo nei film di fantascienza? Certo, se solo riflettiamo sulle
innumerevoli varietà di specie viventi che sono sulla terra, non possiamo escludere che le forme di
vita, in qualsiasi luogo dell'universo, debbano essere anch'esse molto differenziate. Tra un cane, un
ramarro, un delfino e l'uomo, per non parlare del mondi degli insetti, vi sono differenze
notevolissime. Ecco perché qualcuno potrebbe ancora obiettare: se la specie intelligente sul nostro
pianeta è l'uomo, forse perché anatomicamente più perfetta, non dovrebbe essere così anche
altrove? Quando parliamo di intelligenza dobbiamo però riconoscere che su questa facoltà della
mente ne sappiamo molto poco e non ci conviene trarre conclusioni affrettate. E se la scienza oggi
decreta che "tutta la materia è energia codificata e, quindi, informazione", dobbiamo anche
convenire che un'informazione ha bisogno d'un minimo d'intelligenza, altrimenti come e chi
potrebbe informare? L'universo è un sistema dinamico che trasforma ogni cosa e che, proprio
grazie all'informazione che sottintende la capacità di memorizzare, permette l'evoluzione. Cosicché,
pur ammettendo che molte di queste vite intelligenti possano essere ben diverse da noi, abbiamo
fondati motivi per credere che alcune razze siano molto simili a quella umana, visto che già dalla
Genesi 6:1 e seguito vien scritto: "Ora avvenne che quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi
sulla superficie del suolo e nacquero loro delle figlie, allora i figli del vero Dio notavano che le figlie
degli uomini erano di bell'aspetto e si prendevano delle mogli, cioè tutte quelle che scelsero. " Da
questi accoppiamenti nacquero i Nefilim, parola che poi è stata tradotta Giganti, gli uomini famosi e
potenti di quel tempo. Se in questa descrizione oggi molti studiosi vedono un antico contatto fra
extraterrestri e fanciulle in fiore, spostandoci nientedimeno che in America precolombiana abbiamo
leggende molto simili, salvo in un particolare: qui sarebbero state le donne aliene, anziché gli
uomini, ad accoppiarsi con i terrestri! Ma c'è anche di peggio: si narra che in un'isola delle zone
andine, esattamente sul lago Titicaca, in tempi molto remoti atterrò un'astronave che, aperto un
portello sul suo fianco, fece discendere una donna somigliante quasi come una goccia d'acqua alle
donne terrestri, ma con la testa a forma di cono, mani e piedi palmati e delle grandissime orecchie.
Per questa sua peculiarità la donna fu chiamata dalle popolazioni locali Orejona; costei, essendo
anche abbastanza socievole, comunicò agli aborigeni di essere venuta per generare figli con un
terrestre. La storia continua con una notizia sorprendente: invece di scegliersi un cavernicolo bello
e prestante, Orejona pensò bene di accoppiarsi con un tapiro, generando poi parecchi figli
mostruosi, dalla mente limitata e dai genitali come quelli paterni. Sebbene questo "fumetto" non
abbia mai avuto il piacere di essere seriamente esaminato da uno studioso per accertare quanto vi
fosse di fantasia e quanto di verità, lo scienziato Kasanzev, studiando i bassorilievi della Porta del
Sole di Tiahuanaco, ha ipotizzato che essi rappresentino proprio uomini scafandrati, motori spaziali
e... un calendario venusiano. Dobbiamo convenire che, da quando l'uomo ha cominciato a mandare
le sue sonde e le sue astronavi nello spazio, molte leggende e molti racconti del passato sono stati
rivisitati con altri occhi. E il nostro sistema solare è stato il primo ad essere indagato nella speranza
che tradisse una qualche forma di vita intelligente. Persino la cintura di asteroidi che si trova fra
Giove e Saturno ha fatto ipotizzare a più di uno scienziato che si tratti dei resti d'un antichissimo
pianeta andato distrutto a causa d'una terribile guerra scoppiata fra due opposte civiltà che un
tempo lo abitavano. Leggenda? Realtà? Non possiamo dirlo ma oggi, con l'incubo d'una guerra
nucleare che ci minaccia, abbiamo tutti i presupposti per valutare seriamente una simile possibilità.
I CANALI DI MARTE Il rosso pianeta che per gli astrologi si trova sotto il dominio del bellicoso dio
Marte, è forse il corpo celeste che ha più suscitato speranze e delusioni. Difatti, da quando nel XVII
secolo fu scoperta una calotta bianca a uno dei poli e periodici mutamenti di colore nelle sue zone
d'ombra, vi è stato tutto un susseguirsi di rivelazioni e di smentite, di affermazioni categoriche e di
repentine ritrattazioni altrettanto categoriche. L'astronomo W. Herschel, lo scopritore di Urano, fu il
primo a notare alcune alterazioni di colore dovute alle sue calotte bianche ai poli, per cui addirittura
dedusse che gli abitatori di Marte dovevano godere d'una atmosfera molto simile alla nostra. Nel
1877 G.V. Schiaparelli notò delle linee che sembravano tracciate con "precisione geometrica, quasi
fossero un lavoro di riga e compasso" , insomma i famosi canali, ma, da vero scienziato, ricordò
che la natura offre spesso simili straordinarie simmetrie. Poco tempo dopo Percival Lowell, un
cittadino di Boston, si entusiasmò talmente alla notizia che decise di diventare astronomo. Quando
nel 1894 Marte si mise nella posizione ideale per essere osservato, Sir Lowell si recò in Arizona,
zona che possiede un'aria molto limpida e secca, simile a quella dell'antico Oriente, e dopo
osservazioni che durarono anni, giunse alla conclusione che l'atmosfera marziana possiede una
densità atmosferica che tocca la metà di quella che noi riscontriamo sulla cima dell'Everest e che il
pianeta è quasi privo di acqua. Ciò nonostante, anch'egli si fece prendere dal sogno di aver
scoperto la vita perché, scrisse Lowell: " l'irrigazione irrazionale non ci offrirebbe una precisione
così meravigliosamente matematica..." Per quasi un secolo astronomi di chiara fama e illustri
sconosciuti si sono accapigliati sui famosi canali: Chi li vedeva e chi no. Abbiamo dovuto aspettare
le prime fotografie del Mariner IV per renderci conto che il suolo marziano è tempestato di crateri
antichi e recenti, come il suolo lunare, e quindi non cè stata l'erosione dell'acqua, come avviene
sulla Terra. 

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